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LA PASSIONE È LA BUSSOLA

Con cuore e consapevolezza tra sfide e trasformazioni

IL CACAO COME STARTER DEGLI IMPASTI

Guida per andare oltre la classica pasta madre

AFTERNOON

TEA TIME

L’ora del tè a Londra si veste d’autunno

BOTULISMO, IL PERICOLO NASCOSTO

Che cos’è, quali sono le cause e come si previene

TUTTO SOTTO CONTROLLO CON I BURRI DEBIC

LA PASSIONE È LA BUSSOLA

La pasticceria di Imma Iovine si plasma con cuore e consapevolezza fra sfide, trasformazioni, colori e fiori

Lucilla Cremoni

Ho conosciuto Imma Iovine a marzo 2025, quando ha fatto parte della giuria al concorso Pasticceria Giovani, organizzato da Associazione Pièce a Torino. Nei due giorni in cui le iniziative si articolano, si vive fianco a fianco dalla mattina alla sera, in un inestricabile e costruttivo intreccio di lavoro e convivialità: si parla tanto e di tutto, passando senza soluzione di continuità dalle informazioni di servizio alle battute, dall’aneddotica spicciola ai massimi sistemi. E con Imma non è difficile: non solo per la comunicativa immediata e la piacevolezza dell’inflessione napoletana, ma perché è una persona che di cose da dire ne ha, dal

momento che, per quanto giovane, ha già carriera ultradecennale e articolata in contesti di alta pasticceria, in locali storici e in collaborazione con marchi internazionali della moda e del design. E, ovviamente, con grandi nomi come Denis Dianin, al quale deve i suoi inizi come stagista per poi diventarne responsabile di laboratorio; e Diego Crosara, già suo maestro durante la formazione in Cast Alimenti e che poi affianca come responsabile del brand Marchesi 1824 fino al settembre 2021, quando diventa responsabile della storica Pasticceria Cucchi 1936, emblema della tradizione milanese. Membro AMPI dal 2022, attualmente è responsabile della pasticceria nei concept store e VD Café di Vincenzo Dascanio, da oltre vent’anni uno dei principali flower designer al mondo, curatore di eventi, matrimoni di celebrità, oltre che degli allestimenti floreali di hotel e resort di vertice. Quanto segue è il risultato di queste conversazioni, a volte poco più che scambi di battute, che Imma mi ha aiutato a ricostruire.

Come sei diventata pasticcera?

Sono nata a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, il 28 febbraio 1988. Sono cresciuta in una terra dove i profumi del caffè e i sapori della tradizione fanno parte dell’identità quotidiana. Fin da piccola ho sentito forte il desiderio di ricreare quell’incanto fatto di gusto, emozione e convivialità. Dopo il liceo socio-psico-pedagogico, ho intrapreso un percorso universitario in tecnologia alimentare. La passione per il cibo è sempre stata presente nella mia vita, e la chimica, anziché allontanarmi, mi ha aiutato a comprenderne ancora più a fondo i meccanismi. Quando ho capito che quella passione poteva diventare una professione, ho deciso di iscrivermi a CAST Alimenti, a Brescia. Era il 2015 e uscivo da lì con l’umiltà di chi sa di avere ancora tanto da imparare, ma con la consapevolezza di aver trovato la mia strada.

Dove ti ha condotto questo percorso?

Mi ha portata a lavorare in diverse realtà importanti, ciascuna con una propria identità: dal mondo sofisticato

di Marchesi 1824 (grup po Prada) alla storica Pasticceria Cucchi, fino all’univer so lifestyle di Vincenzo Dascanio. Attualmente seguo lo sviluppo dell’offerta dolce, la formazione, l’identità di prodotto e le aperture dei punti vendita dei Vincenzo Dascanio Café. Un progetto dinamico e in continua evoluzione che da Milano si è esteso con nuove sedi in località prestigiose, a Cernobbio, Portofino e St. Moritz, con nuove aperture anche a Noto e Taormina.

Creare con cuore e consapevolezza: per essere buono, un dolce deve prima essere sentito
“ “

Cos’è per te la pasticceria e quali sono le tue fonti d’ispirazione? È il mio mondo, il mio linguaggio espressivo. Ogni dolce è per me un’emozione, un racconto, un’opportunità per far brillare gli occhi di chi assaggia. Lavoro con passione, dedizione e una costante voglia di crescere: perché per me, smettere di imparare è come smettere di vivere. I miei progetti sono in continuo divenire, perché la pasticceria, come la vita, è fatta di sfide, trasformazioni e colori da stendere ogni giorno su una nuova tela. Per me, il mestiere è prima di tutto emozione. È un gesto che racconta, un dettaglio che resta impresso, una ricetta che diventa ricordo. Mi ispiro a ciò che mi circonda: natura, arte, bellezza dei luoghi. Cerco sempre di tradurre queste suggestioni in qualcosa di vero, essenziale, ma mai banale. Esteticamente prediligo la pulizia delle forme, ma con un tocco che sorprende, che parla. È lì che nasce la mia visione: creare con cuore e consapevolezza. Perché un dolce, per essere buono, deve prima essere sentito.

Come si collega il tuo lavoro alla filosofia delle aziende con cui collabori?

Il mio lavoro si è sempre intrecciato con la filosofia dei brand con cui ho collaborato, traducendo visione, estetica e valori

IL CACAOCOME STARTER DEGLI IMPASTI

Con Giambattista Montanari  esaminiamo l’utilizzo della fava di cacao negli impasti a lievito madre

AZZURROGOTH

Macabra ma giocosa, con un pizzico di humor nero: l’interpretazione “gotica” immaginata da Lorenzo Puca

purea di ciliegia

albume

zucchero

olio di semi

Dose per 10/15 tuile

g 30

g 30

g 10

g 30

g 4

Mixare tutti gli ingredienti, lasciare riposare per 10 minuti e versare nello stampo in silicone.

Glassa croccante al cioccolato

Dose per 1 torta

cioccolato bianco

g 350 olio di semi g 90

burro di cacao g 410

Fondere il cioccolato intorno ai 45°C e versare a filo il burro di cacao fuso a 30°C (se si desidera un colore più bianco, aggiungere del colorante liposolubile) e l’olio di semi.

POTERE E SAPERE SCEGLIERE

Fra tutte le peripezie del caso, Pascal Hainigue ha compiuto scelte in controtendenza, trovando la felicità «fuori dal centro»

Domenico Biscardi

MILLEFOGLIE

ALLA VANIGLIA DI TAHITI E NOCCIOLE PIEMONTE

Per circa 10 porzioni

Pasta sfoglia viennese farina di grano tenero 00 g 352 sale g 7

zucchero di canna g 28

latte g 186 burro g 35 burro per pasta sfoglia g 200

Realizzare un impasto con latte, farina, zucchero di canna e sale, mescolando per 12 minuti in prima velocità. Aggiungere il burro e impastare fino a completo assorbimento. Lasciare puntare per 45 minuti, quindi ripiegare l’impasto, eliminare l’aria e stenderlo a forma di rettangolo uniforme. Refrigerare. Lavorare con 200 g di burro, dando 3 pieghe doppie e lasciando riposare per 1 ora tra ogni piega. Stendere a circa 2 cm di altez

Caviale di vaniglia acqua g 72

sciroppo di glucosio g 72 zucchero semolato g 36 pectina gialla g 6 baccello di vaniglia g 14

Tagliare i baccelli di vaniglia a pezzetti. Riscaldare acqua, glucosio e baccelli. A 40°C, aggiungere a pioggia il composto di zucchero e pectina, e portare a ebollizione. Mixare a caldo nel Thermomix, quindi filtrare ancora caldo con un colino. Raffreddare e conservare.

Opalina al caramello zucchero g 180 acqua g 52 glucosio g 22

Preparare un caramello e lasciarlo raffreddare. Frullare il più finemente possibile e conservare in un contenitore ermetico.

Gelato alla vaniglia di Tahiti latte g 300 panna g 90

baccello di vaniglia di Tahiti n 1 tuorlo g 39

zucchero (3x21 g) g 63

latte in polvere g 15 stabilizzante g 1,5 trimolina g 24 “

Hainigue esalta i contrasti conferiti dalla croccantezza della sfoglia, lavorata con la tecnica dell’arlette, con la cremosità del caramello e del pralinato, rendendo protagonista la vaniglia di Tahiti sotto forma di gelato

LA NUOVA ERA DELLA vienneseria

Antonio Bachour ci accoglie nella sua visione della

pasticceria lievitata e svela i contenuti del suo nuovo libro

Il mio segreto è da sempre l’infinita passione per il mestiere. Il mio obiettivo è ispirare, e questo libro rappresenta un nuovo strumento per continuare a farlo. Ho scelto il tema della pasticceria lievitata, che sta vivendo un momento di straordinaria evoluzione: da semplici prodotti da colazione, i piccoli lievitati sono diventati creazioni raffinate, capaci di unire tecnica, creatività e innovazione. Ho voluto raccontare il mio approccio, condividendo metodi e tecniche che permettono di ottimizzare i processi, senza rinunciare all’emozione artigianale e all’espressione personale». Così Antonio Bachour racconta il suo “The new era of viennoiserie”, la novità curata dalla bulgara ICEP Publishing, in inglese e spagnolo, che coglie questo momento di grande popolarità della pasticceria lievitata, vero fenomeno globale che va ben oltre la prima colazione, grazie a forme,

OLTRE 1.000 FOTO E 410 PAGINE SCRITTE IN INGLESE E SPAGNOLO, CON UN’IMPOSTAZIONE CHE RENDE SEMPLICE SEGUIRE E CAPIRE I CONCETTI E LE 52 RICETTE DI CROISSANT, BRIOCHE E PASTA SFOGLIA. PASTRYBOOKS.COM

strutture, colori, stratificazioni e aromi sempre più raffinati e instagrammabili. La sua visione innovativa – resa vivida dalle tecniche originali, dalle combinazioni di sapori e consistenze, e da un’estetica moderna – è nota a livello mondiale, oltre ad essere stata “fermata” in più libri, fra cui “Bachour in Color” di Chiriotti Editori. Una visione che oggi si allarga e, basandosi su tecniche, ingredienti e abbinamenti, trasforma la vienneseria passo dopo passo, attraverso le 410 pagine del volume, in cui vengono illustrati i metodi di produzione e l’esclusiva tecnica di piegatura che semplifica il processo di lavoro, secondo la stessa

filosofia che applica nelle sue pasticcerie e che insegna agli studenti in tutto il mondo: meno passaggi e più referenze esposte, per un’offerta moderna, efficiente e dinamica che stimola il consumo e dà margini di profitto solidi. In questo equilibrio tra razionalità produttiva ed emozione artigianale, ogni viennoiseria racconta una storia di ricerca, passione e identità.

In tutto sono 52 le ricette dettagliate, con suggerimenti tecnici, e oltre 1.200 le fotografie per ogni fase, sviluppata lungo 6 capitoli: la conoscenza degli ingredienti, l’attrezzatura, la tecnologia dell’impasto, il croissant, la brioche e la pasta sfoglia.

SFOGLIANDO IL LIBRO

Tutto parte da un’attenta selezione degli ingredienti, avendo ognuno una funzione specifica che determina consisten-

“La ciliegia si presta bene alla cottura e alla conservazione, e permette di mantenere un legame con la stagione precedente, per rivivere i ricordi estivi!

PERCORSI OBLIQUI

E IBRIDI

In Andrea Mattasoglio convivono cucina, fotografia, comunicazione e progettualità

C’è chi il mondo del cibo lo sogna fin da bambino. E poi ci sono percorsi più obliqui, che non iniziano subito tra fornelli e abbattitori, ma che ci arrivano con consapevolezza. Per Andrea Mattasoglio il punto di partenza è stato l’amore per il cibo, ma la svolta è arrivata più tardi, dopo un Master in comunicazione e critica gastronomica. Da lì, lo studio serio e metodico della tecnica, l’apertura ai linguaggi digitali, la condivisione costante sui social e un progetto che oggi conta oltre 400.000 follower (andreamattasoglio.com). Una cifra che considera “solo un numero”, ma che racconta pazienza e coerenza rare, portate avanti per quasi un decennio. Oggi è consulente creativo per ristoranti, hotel, brand e realtà editoriali tra Italia, Svizzera, Spagna, Portogallo, Stati Uniti e Regno Unito. Una figura ibrida, moderna, in cui convivono cucina, fotografia, comunicazione e progettualità.

Andrea, c’è stato un momento che ha segnato davvero una svolta?

A influenzarmi profondamente è stato un nome: Jules Wiringa, conosciuto online

Taco con

come Jules Cooking. Più che un mentore, un amico con cui condividere un modo etico e rigoroso di intendere questo mestiere. È lui che mi ha trasmesso l’importanza dell’onestà intellettuale, del non condividere mai una ricetta che non sia davvero valida. E soprattutto mi ha insegnato che nel nostro lavoro il rispetto viene prima di tutto. Da qui la visione imprenditoriale e concreta, fatta di qualità, generosità e rigore. E una promessa: dargli filo da torcere, in una sfida tutta giocata sull’eccellenza.

Quando crei da cosa parti?

Ragiono per immagini. Non parto dal dolore, dal caos o da un ingrediente, ma da un’idea chiara che prende forma solo quando tutto dentro di me è in equilibrio. Non invento nulla, è già tutto lì. Lo vedo, lo immagino, lo sento. Il difficile è trovare il tempo per realizzarlo. La forma conta, ma non viene mai prima del contenuto: è con la bocca che si mangia. Il cibo è al primo posto, sempre.

Hai un ingrediente, una tecnica o un sapore che senti tuo?

La risposta arriva in punta di piedi: Non amo l’idea di possesso. Se possiedi qualcosa, finisci per esserne geloso. E io voglio condividere. Ma se proprio bisogna trovare un totem, è nelle tartellette salate da amuse bouche che si riconosce la mia firma. Gusci sottili, precisi, mini architetture del gusto. All’inizio sembravano irraggiungibili. Riuscirci mi ha dato una consapevolezza speciale.

Ci racconti un errore o un punto di svolta che ti ha insegnato qualcosa di importante?

Una meringa salata, una ricetta collaudata, un’emulsione al basilico… e un errore: l’olio extravergine aggiunto nel momento sbagliato. Le meringhe non montano, la planetaria gira a vuoto. Ma da lì nasce una riflessione che vale più di qualsiasi lezione tecnica: se non capisci il perché dei processi, le ricette non servono a nulla. Puoi anche eseguire bene, ma è come montare un Lego con il libretto. La vera differenza la fa chi conosce i pezzi e li usa per costruire cose nuove.

Nel tuo lavoro convivono tecnica, creatività e visione imprenditoriale: come riesci a bilanciarli?

Le tre cose non sono compartimenti stagni, ma parti dello stesso sistema: la creatività è espressione, la tecnica è mezzo, la visione imprenditoriale è ciò che permette a tutto questo di trasformarsi in lavoro. Il vero nemico? Il sonno. Dormo poco. E faccio fatica a delegare. Ma sto imparando: crescere significa anche fidarsi e costruire una squadra.

Cosa pensi del ruolo dello chef oggi, tra artigianato, comunicazione e gestione? Una figura in trasformazione, che non si limita più ai fornelli. Oggi lo chef è anche comunicatore, imprenditore, ambasciatore di valori. È un privilegio,

trama a pelle di pesce ricostruita, tartare di branzino, prezzemolo, limone, crème fraîche e caviale.

“ “

Pannacotta infusa ai fiori di ciliegio, yogurt, tuile al carbone vegetale

ALLA PASTICCERIA DA RISTORAZIONE VOCE

“Diveniamo ciò che siamo in proporzione a quanto amiamo ciò che facciamo”: Salvatore Morello si connette con il proprio ikigai per mettere in scena l’esperienza ad Inkiostro

Èl’eleganza dell’ambiente ciò che colpisce al primo sguardo entrando nel ristorante Inkiostro a Parma. Una raffinatezza che si ritrova nelle portate di Salvatore Morello, chef calabrese, dal 2021 alla guida dell’unico stellato nel capoluogo della Food Valley italiana. Ci troviamo al di fuori del centro, all’interno di una struttura moderna che fa capo alla proprietà del vicino Link124 Hotel e che ha nell’arte, nelle luci e in un arredamento minimale le sue peculiarità. L’ambiente è accogliente nella sua linearità, come lo è il personale di sala, guidato dal maître e sommelier Luciano Palmieri, che ha redatto una carta dei vini con mille etichette e oltre 4mila bottiglie.

In questo contesto si inserisce la cucina di Morello, proveniente da una famiglia di pasticcieri, e fonda il suo lavoro e la sua filosofia di vita su un’antica disciplina giapponese: l’ikigai significa letteralmente vita (iky) e valore (gai), ossia che dà valore all’essere e all’esistere. Si tratta di un’istantanea di ciò che siamo e che abbiamo vissuto: “L’esperienza famigliare nell’ambito dell’arte dolciaria non ha un peso specifico – spiega Morello -, ma è un simbolo che nella vita mi ricorda da dove vengo e che cerco di ascoltare dentro di me con amore, benedizione, gratitudine e fiducia. Le esperienze estere piuttosto che italiane non rappresentano una scelta che dà una misura su una visione, ma un tipo di formazione che scegli (come nel mio caso) o che ti capita nella vita, e con cui ti impegni ad iniziare un percorso che ti servirà per raggiungere ciò che vuoi essere. È un mezzo fondamentale per connettersi con il proprio ikigai”. Dopo l’alberghiero, Morello muove i primi passi nelle cucine professionali e, appena ventenne, ha l’occasione di vivere

alcuni importanti stage in Francia, alla corte di due tra gli chef più blasonati al mondo. Prima a Collonges-au-Montd’Or da Paul Bocuse, poi al tristellato Plaza Athénée sotto la guida di Alain Ducasse. L’esperienza francese apre le porte al mondo del fine dining internazionale ed è il preludio di un percorso che lo condurrà in Germania. Lì trascorre 11 anni tra Berlino e la Renania-Palatinato, con mentori come Joachim Wissler, che

gli ha insegnato rigore, tecnica e visione a 360 gradi, e Daniel Pape, con cui trascorre 8 anni al Da Vinci di Coblenza: insieme conquistano la Stella Michelin e danno vita a un sodalizio che dura ancora oggi, anche se a distanza.

IL FIL ROUGE FRA GERMANIA, FRANCIA, GIAPPONE E PARMA

La cucina di Morello è la risultante delle sue tante esperienze internazionali, su tutte la Germania, che lo ha definito come chef, trasmettendogli la capacità di aprirsi a nuovi mondi e culture, mantenendo sempre una forte e rigorosa impostazione francese. I piatti sono influenzati da ingredienti e cotture asiatiche, ma parallelamente guardano al territorio in cui sorge Inkiostro, valorizzando la migliore materia prima emiliana. L’Asia, e soprattutto il Giappone, sono presenti nei piatti, sia in forma di ingrediente, come umeshu (liquore ottenuto dalla macerazione della ume, varietà di prugne, in alcool) umeboshi (condimento a base di prugne ume salate) e alghe (hijiki, matsubadaki, nori, kombu, wakame), sia con l’utilizzo di tecniche come la fermentazione o preparazioni specifiche, tra cui gli spiedini yakitori (a base di pollo). E l’amore per la terra nipponica emerge anche dalla

“ L’esperienza famigliare nell’ambito dell’arte dolciaria è un simbolo che nella vita mi ricorda da dove vengo e che ascolto dentro di me con amore, benedizione, gratitudine e fiducia

NELLA Hacienda DI DONNA CAROLA

Aprendo le finestre all’autunno,

Bentornati nella mia Hacienda, amici esploratori del cacao! Oggi, tra le foglie d’autunno che danzano fuori dalla finestra della mia Hacienda, sento il richiamo del cioccolato che chiede di essere compreso ancora più a fondo. Abbiamo già assaporato lo Xocolatl, la sua anima antica (si veda lo scorso episodio sul n. 366 ndr), ma ora è tempo di vestirlo di luce, di quella lucentezza perfetta che solo la precristallizzazione sa dare. Il percorso per eseguirla è un atto di conoscenza profonda, un atto di fiducia nelle vostre mani. Ogni volta che pre cristallizzate, affinate la vostra sensi bilità e la vostra intuizione, imparate a muovere il burro di cacao esattamente come lo desiderate e le “foglie d’oro” del cioccolato diventano il frutto di questa connessione magica. Avete sentito il loro fruscio? Sono pronte a rivelare la loro bellezza grazie alla vostra mano. Varcate dunque la soglia: assieme, trasformeremo la paura della tecnica in un atto di pura intuizione creativa.

Ah, la parola temperaggio!

Quanto spesso l’ho sentita pronunciare con timore, associata a tabelle di temperature e piani di marmo. Ma nel mio mondo, qui all’Hacienda, abbiamo imparato a superare queste vecchie abitudini: non servono termometri né marmo per lavorare il cioccolato con facilità e averlo pronto in pochi minuti, senza sporcare. Il vero segreto non è un numero, ma l’ascolto profondo del burro di cacao, la sua vita cristallina.

La temperatura è una guida, certo, ma non è la padrona. La padrona è la nostra intuizione, la capacità di controllare i cristalli stabili, la vera precristallizzazione.

La danza dei cristalli: la precristallizzazione svelata

Pensate alle gocce di cioccolato: sono già lì, quasi al 100% piene di quei preziosi cristalli stabili. Ma dobbiamo chiederci: ci servono tutti? Quanti dobbiamo tenerne per quel cioccolato croccante, bello da vedere e che si stacca perfettamente dagli stampi? La verità è che ci basta

quanto voglio io. Se imparerete questo, il cioccolato non avrà più segreti per voi. Potrete modellarlo a vostro piacimento, con un semplice microonde e una ciotola di plastica. Dimenticate vetro o acciaio che si scaldano troppo in fretta. Il nostro metodo è pura sintonia con la materia.

TAVOLETTE INTUITIVAMENTE PRECRISTALLIZZATE

Oggi creiamo insieme delle piccole tavolette di cioccolato, la tela su cui dipingere la magia della precristallizzazione. Ci serve un unico ingrediente, ossia 300 g

PREGO, DA QUESTA PARTE

L’importanza dello spazio funzionale:

IPERCORSI: È QUESTIONE

DI MISURE MA NON SOLO

Una pasticceria non è solo il regno del dolce, della bellezza e dell’arte bianca. È anche – e forse prima di tutto – uno spazio funzionale, vivo, attraversato da persone, materie prime, attese e desideri. Che si tratti di un piccolo laboratorio di quartiere o di una boutique in centro città, l’organizzazione dei percorsi interni rappresenta un fattore critico di successo. Parlare di flussi all’interno significa toccare il cuore operativo dell’attività: la relazione quotidiana tra chi lavora e chi consuma, tra chi produce e chi serve, tra chi entra per curiosità e chi ha già scelto. È in questo intreccio di movimenti che si costruisce l’esperienza. E con essa anche la redditività.

IL DISEGNO DEGLI SPAZI:

PRIMA

DELLA FORMA, LA LOGICA

Spesso si parte da materiali, colori, finiture. Ma la vera progettazione di un locale comincia prima: con la mappa invisibile dei percorsi Chi entra, dove va? Chi lavora, dove si muove? Chi aspetta, dove si ferma? Un disegno funzionale deve rispondere a queste domande in modo chiaro e coerente. Il flusso degli operatori (pasticcieri, addetti al banco, camerieri) deve seguire un principio di efficienza: il percorso tra magazzino, laboratorio, forno, banco e cassa deve essere il più diretto e naturale possibile, evitando incroci e perdite di tempo. Un layout mal organizzato si traduce in operazioni ripetitive, stress, ritardi e talvolta incidenti.

Al contempo, il flusso dei clienti dev’essere pensato per accompagnare senza forzature. Dall’ingresso all’uscita, ogni fase – visione delle vetrine,

CORNETTI, TIRAMISÙ CANNOLI in trasferta

Una top 10 dei dolci più venduti in Italia e un invito… a rimescolare le carte!

Il cornetto risulta al primo posto dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, il tiramisù è il re dei dessert al ristorante e il panettone macina numeri da capogiro. Subito dietro ci sono bomboloni, cheesecake e profiteroles, fino a cannoli e colombe, che non possono mai mancare sulle tavole festive… Grazie ad un’analisi effettuata attraverso articoli e rilevazioni nazionali, ho individuato una classifica indicativa dei dolci più venduti nel nostro Paese. Ecco a voi la Top 10 e le loro caratteristiche.

CORNETTO

(croissant italiano)

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• Gusto: dolce-burroso; aromi da Maillard/caramellizzazione; stratificazione croccante, masticabilità leggera

• Ingrediente principale: farina di frumento.

• Preparazione/fruizione: impasto sfogliato con burro, lunga lievitazione; cottura in forno; consumo tiepido tra i 25 e i 35°C, spesso farcito (crema/marmellata) e abbinato a cappuccino.

TIRAMISÙ

• Gusto: dolce-cremoso con note amare (caffè/cacao); grassezza del mascarpone; finale leggermente alcolico in alcune ricette.

• Ingrediente principale: mascarpone.

• Preparazione/fruizione: senza cottura (assemblaggio; in HACCP spesso pastorizzazione delle uova); servizio freddo tra i 4 e gli 8°C; struttura a strati (savoiardi imbibiti + crema).

PANETTONE

• Gusto: dolce-aromatico (vaniglia, agrumi canditi, alcolati naturali da lievitazione); alveolatura elastica.

• Ingrediente principale: farina di frumento.

• Preparazione/fruizione: grande lievitato da forno con lievito madre; maturazione lunga; consumo a 20/26°C.

BOMBOLONE/KRAPFEN

(graffa)

• Gusto: dolce-fritto, profilo lattico-vanigliato della crema; crosta esterna sottilmente croccante, interno soffice.

• Ingrediente principale: farina di frumento.

• Preparazione/fruizione: frittura profonda a 170/180°C; farcito (crema/confit) e servito tiepido.

CHEESECAKE

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• Gusto: dolce con acidità lattica; base biscottata con note di caramello e burro.

• Ingrediente principale: formaggio fresco (tipo cremosi/ricotta).

• Preparazione/fruizione: per la versione più diffusa, no-bake (gelatina/coagulanti) e servizio freddo tra i 4 e gli 8°C; esiste anche in variante da forno.

PROFITEROLES (bignè ripieni)

• Gusto: dolce-cioccolatoso su matrice lattico-vanigliata della crema; croccantezza residua del bignè sotto glassa.

• Ingrediente principale: uova (pâté-àchoux egg-rich).

• Preparazione/fruizione: bignè al forno, poi farcitura e glassatura; servizio freddo 4/8°C.

CRÈME BRÛLÉE

• Gusto: dolce-caramellato (crosta di saccarosio caramellizzato), crema liscia con note di vaniglia.

Ingrediente principale: panna.

• Preparazione/fruizione: cottura dolce a bagnomaria in forno, poi brûlage con cannello; servizio 8/12°C con superficie tiepida.

TRA RAGIONE E SENTIMENTO

Per chi ama il cioccolato in modo spasmodico, ma anche per tutti gli altri.

Una dichiarazione d’amore sotto forma di ricetta a cura di Paolo Brunelli

Nove persone su dieci amano il cioccolato, la decima mente”.

Non esiste anima viva che non abbia già letto questa frase, magari nei famosi bigliettini incartati dentro i cioccolatini. Noi l’abbiamo presa in prestito, sviscerata e poi vi abbiamo dedicato una torta, la nostra Mente Che ci

racconta molto di tutti noi, soprattutto di chi sta alla larga dal cioccolato.

CURIOSITÀ

Come nelle cosiddette illusioni ottiche o immagini reversibili che dir si voglia, quelle per cui dal medesimo dipinto

si possono evincere due figure, anche qui il racconto è duplice. Quello più immediato vede il verbo “mentire” a chiudere la frase narrando di un’umanità golosa, con una piccola percentuale bugiarda. L’altra faccia allude invece alla mente in quanto cervello e alla sua volontà di controllare le emozioni, al suo ruolo di Generale, insomma, che allontana dalle tentazioni e controlla i peccati di gola.

COSA SIGNIFICA PER ME IL CIOCCOLATO

Forse al pari del gelato nella mia classifica degli affetti, il cioccolato è stato la prima chiave per destagionalizzare l’attività: d’inverno ogni gelateria deve integrare e questo noi lo professiamo sin dalla prima ora, quando non era affatto scontato. Ma non crediate che sia stato un ripiego studiato a tavolino: il cioccolato, negli anni, ha travolto l’intero laboratorio: la sua capacità di essere suadente e quella di trasformarsi e di moltiplicare profumi e sfumature, la grinta o la dolcezza a seconda della provenienza e dell’abbinamento e gli aromi ipnotici. Avere sotto il naso il cioccolato, in tutte le sue forme e temperature, rende più felici: è una questione di ormoni e non c’è niente da obiettare.

IL POTERE VIENE DALL’EQUILIBRIO

Ma com’è possibile realizzare una torta di cioccolato che sia letteralmente irresistibile? Anche i più fedeli seguaci di questa splendente materia prima ammetteranno che potrebbe, in grandi quantità, affaticare papille e sistema digerente. E allora vi sveliamo come giocare con temperature e consistenze e regalarvi il perfetto dolce al cioccolato, da finire anche da soli!

P.B.

LA MIA PASTICCERIA RURALE

Seguire i colori delle stagioni, alzare lo sguardo dal ritmo artificiale degli schermi e riscoprire la luce che cambia sono doni che la natura offre ogni giorno, senza chiedere nulla in cambio

Cesare Marretti

C’ERA UNA VOLTA…

LA PIÙ BELLA DELLA Sicilia

Da Ragusa alle pagine di storia: l’epopea della famiglia Di Pasquale e della loro pasticceria

Raccontare la straordinaria storia della Pasticceria Di Pasquale di Ragusa, a quasi 10 anni dalla sua chiusura, ha per me un valore non soltanto affettivo. Ripercorrere le tappe principali della sua lunga e brillante attività, attraverso il ricordo vivo e commosso del suo protagonista più importante, non è – a mio avviso – un esercizio di nostalgia o una mera celebrazione. È, piuttosto, un’occasione per conoscere meglio il passato e comprendere più a fondo le complessità di un settore in continua evoluzione. La fonte da cui prende vita questo racconto è un’intervista che realizzai tempo fa, nella sua Ragusa, con Enzo Di Pasquale, classe 1954, primogenito del fondatore Giovanni Di Pasquale

Allora, Enzo, possiamo iniziare come si fa con le favole: “C’era una volta…”? Sì, anche se questa meravigliosa favola non si conclude con la celebre formula: “… e vissero felici e contenti”. Dopo ben 66 anni di prestigiosa attività, sono stato costretto ad arrendermi alle difficoltà e a chiudere per sempre i battenti. Ma cominciamo, come hai proposto tu. C’era una volta… Giovanni – mio padre –, giovane dal carattere così intraprendente da decidere di lasciare la sua città per andare a lavorare come apprendista nella celebre Pasticceria Spinella di Catania. Insieme a lui, ad apprendere i segreti della migliore tradizione siciliana, c’era un altro ragazzo in gamba, destinato a fondare una delle più importanti industrie catanesi del torrone. Mio padre, dopo aver acquisito una solida esperienza in laboratorio e “rubato” – come si faceva allora – i segreti delle ricette delle specialità esposte nelle vetrine di Spinella, fece ritorno a Ragusa. Qui incontrò un grande professionista: Cicciu u magu, il mago della pasticceria. Un personaggio

singolare, che aveva conquistato un meritato successo grazie all’abilità nel creare originali specialità, dal gusto seducente. Naturalmente, egli prese a lavorare con sé il giovane proveniente da Catania, con un proficuo scambio di conoscenze e di esperienze che arricchì entrambi.

Quando decise tuo padre di aprire la sua attività?

Sappiamo tutti benissimo che, per realizzare una grande idea e dare vita a un progetto ambizioso, bisogna innanzitutto crederci veramente. Ed è altrettanto determinante essere incoraggiati. Così, nel giugno 1950, il giovane ex apprendista si unì in matrimonio con Giovanna Scalone e, il 3 dicembre dello stesso anno, gli sposini aprirono in corso Vittorio Veneto 104 la Pasticceria Di Pasquale, che divenne subito uno dei punti di riferimento della città, ubicata nei bassi del barocco Palazzo Sortino, tra la Cattedrale di San Giovanni Battista, il Palazzo del Governo sede della Prefettura e il Municipio. Le sue specialità – biscotti di mandorla, sorbetti, torta Savoia e altre di ogni tipo – ebbero un tale successo tanto da ricevere richieste anche dai comuni limitrofi.

Successo è una parola chiave per un’attività. Viene dal latino successus e significa: “ciò che ho fatto accadere”.

“ Mi incantai a guardare una pasticceria, la più bella della Sicilia. Quei dolci coloriti, pingui, nutritivi, cassate d’ogni qualità, conchiglie di pistacchio, cavolfiori di crema, fanno parte del bel barocco siciliano

Guido Piovene

BOTULISMO

IL PERICOLO NASCOSTO NEGLI ALIMENTI CONSERVATI

Un rischio serio per alcuni alimenti, evitabile con processi produttivi sicuri.

Vediamo cos’è, quali sono le cause e come si previene questa rara ma grave intossicazione alimentare che può avere conseguenze fatali

Durante la scorsa estate si è parlato molto di botulismo per via dei casi esplosi in Calabria e Sardegna, sfociati in diversi ricoveri ospedalieri e, purtroppo, anche alcuni decessi. I due avvenimenti (curiosamente non collegati fra loro sebbene avvenuti quasi in contemporanea) ci offrono l’occasione per approfondire la conoscenza e analizzare le strategie di prevenzione di questa intossicazione alimentare, che vede l’Italia sempre al primo posto in Europa per tasso di incidenza, con circa una trentina di casi registrati ogni anno. L’infelice primato è legato alla tradizione, molto diffusa nel nostro Paese, di preparare conserve e semiconserve domestiche, categorie di alimenti particolarmente a rischio, come vedremo. Sul totale delle notifiche pervenute, infatti, il 70% è dovuto a conserve fatte in casa e solo il restante 30% a prodotti industriali. Olive nere in acqua, funghi sottolio, cime di rapa pronte e conserve di carne e pesce sono stati individuati come gli alimenti più frequentemente responsabili di botulismo in Italia, ma non i soli. Qualche episodio in passato è stato provocato da prodotti insospettabili, fra i quali il mascarpone che, come alcuni di voi ricorderanno, nel 1996 a Napoli causò il decesso di un quindicenne e numerose intossicazioni. Il problema a monte è stato il

mancato rispetto della catena del freddo durante la produzione e la distribuzione del prodotto. Quell’episodio fece notizia perché per la prima volta il botulismo era legato al consumo di un derivato del latte, per di più di produzione industriale. L’inusualità del fatto sollevò l’attenzione sulla necessità di fare prevenzione anche sui prodotti a conservazione refrigerata.

LA MALATTIA

Il botulismo alimentare è un’intossica zione rara ma molto pericolosa causata dall’ingestione di alimenti contaminati da neurotossine prodotte principalmente dal batterio Clostridium botulinum volta nell’intestino, le tossine vengono assorbite e si diffondono nell’organismo fino a raggiungere le terminazioni del sistema nervoso, dove bloccano il rilascio di neurotrasmettitori. Questa interruzio ne impedisce ai segnali nervosi di arri vare ai muscoli, portando alla paralisi. Se vengono colpiti i muscoli coinvolti nella respirazione, le conseguenze possono essere fatali. I sintomi dell’intossicazio ne (nausea, vomito, dolore addominale, diarrea, debolezza, vertigini, alterazioni visive, difficoltà di deglutizione, insuf ficienza respiratoria) si manifestano entro 12-36 ore dall’ingestione del cibo

“ Il botulismo alimentare è un’intossicazione rara

contaminato, ma possono variare da un minimo di 4 ore a oltre una settimana. Generalmente, prima compaiono i sintomi e più grave sarà l’esito dell’intossicazione.

Oltre al botulismo alimentare esistono

LA SCIENZA UTILE

NUOVE SCOPERTE SULLE FIBRE ALIMENTARI

Un recente lavoro di ricerca condotto da Food & Biobased Research dell’Università di Wageningen ha approfondito le interazioni tra fibre solubili e glutine, giungendo a una migliore comprensione della loro capacità di agire come plastificanti e umettanti, influenzando l’elasticità dell’impasto e la struttura del glutine stesso. La ricerca ha esaminato fibre con diverse caratteristiche strutturali (lineari o ramificate) confermando che tali proprietà hanno un impatto significativo sullo sviluppo del glutine, soprattutto attraverso la formazione di legami idrogeno. Si è visto, infatti, che sono

Network proteico nei diversi campioni di impasto oggetto dello studio: immagini ottenute al microscopio confocale a scansione laser e rielaborate al computer (da Renzetti S. et al., Soluble fibres modulate dough rheology and gluten structure via hydrogen bond density and Flory-Huggins water interaction parameter, Current Research in Food Science 10 (2025) 100991).

questi ultimi (più che il peso molecolare) a migliorare la maglia glutinica favorendo la formazione di zone di giunzione e ramificazioni e riducendo gli spazi vuoti. Oltre alle proprietà plastificanti delle fibre, che dipendono quindi dal numero effettivo di siti di legame a idrogeno in esse disponibili, gli scienziati hanno valutato anche la capacità di assorbimento di acqua, altro fattore cruciale negli impasti. I principi scoperti in questo studio potrebbero essere utili nella progettazione di miscele di fibre per ottimizzare la reologia dell’impasto e la struttura del glutine nei prodotti da forno arricchiti con fibre. “I risultati potrebbero guidare la selezione e lo sviluppo di ingredienti funzionali a base di fibre da diverse fonti, migliorando il profilo nutrizionale dei prodotti da forno – dichiara Stefano Renzetti, responsabile della ricerca -. Inoltre, lo studio fa luce sulle interazioni proteina-fibra che potrebbero essere estese in futuro ad altre fonti proteiche vegetali oltre al glutine”.

Fonte: www.wur.nl

IA E ACCETTABILITÀ

L’intelligenza artificiale è considerata una soluzione promettente per migliorare la gestione del rischio alimentare.

Può infatti essere utilizzata nei sistemi di rintracciabilità per monitorare, registrare e documentare l’intero processo produttivo, identificando rapidamente le fonti di contaminazione e i lotti interessati attraverso l’integrazione di tecnologie come il sequenziamento genico e la blockchain Questo facilita richiami tempestivi, oltre a offrire informazioni più trasparenti ai consumatori. Per contro, l’applicazione di nuove tecnologie nel settore alimentare spesso incontra barriere dovute allo scetticismo e alla sfiducia dei consumatori, soprattutto a causa della complessità di questi sistemi. Da uno studio che l’Università della Florida ha condotto su più di 1.000 persone è emerso, come è facile aspettarsi, che i consumatori più aperti alla scienza, come anche quelli più preoccupati per i problemi di sicurezza alimentare, sono maggiormente propensi ad accettare l’IA nei sistemi di tracciabilità degli alimenti, mentre i neofobici ne sono spaventati. Più che per questi risultati, abbastanza ovvi, lo studio è interessante perché mette in evidenza come

l’IA, nonostante la sua indiscussa utilità, richieda un approccio prudente che tenga in considerazione vari rischi associati, tra i quali appunto l’accettabilità delle persone, migliorabile a condizione che tale tecnologia venga adeguatamente spiegata.

(Rif.: Yang C. et al., Bytes and bites: Consumer perceptions toward the power of artificial intelligence for foodborne risk mitigation through traceable food, Current Research in Food Science 11 (2025) 101119)

APPLICAZIONI SU MISURA DI FARINE ALTERNATIVE

La trasformazione in farina aumenta notevolmente la versatilità di legumi e frutta secca a guscio, consentendone l’utilizzo in svariate applicazioni, dai prodotti da forno alla pasta, fino ai sostituti vegetali del latte. Oltre a essere prive di colesterolo e glutine e ricche di fibre,

queste farine forniscono proteine alternative e alti livelli di nutrienti e composti bioattivi, tuttavia presentano dei limiti: irrancidiscono facilmente (soprattutto quelle di frutta secca), producono impasti con scarse proprietà viscoelastiche e possono contenere composti antinutrizionali che riducono la digeribilità delle proteine e l’assorbimento dei nutrienti. Per contrastare questi limiti vengono sottoposte a diversi trattamenti, quali sgrassatura, decorticazione, tostatura, cottura a estrusione. Un lavoro di ricerca, a cui ha partecipato anche l’Università degli Studi di Milano, ha analizzato 35 farine commerciali (19 di legumi e 16 di frutta secca a guscio) valutandone le caratteristiche compositive e le proprietà tecnologiche, con l’obiettivo di capire quanto la specie botanica, la provenienza geografica e il trattamento influiscano. Tra i risultati, si è visto che con il trattamento termico le proprietà emulsionanti e schiumogene diminuiscono drasticamente nelle farine di castagne, mentre aumentano leggermente in quelle di nocciole. Le proprietà schiumogene, inoltre, risentono della specie botanica nel caso dei legumi, con la farina di lupino che mostra valori di capacità schiumogena e stabilità della schiuma ben più alti, indicando il suo potenziale per prodotti aerati. L’origine geografica, invece, influenza l’assorbimento di acqua nelle farine di frutta secca a guscio. Infine, un contenuto di grassi più elevato nella frutta secca a guscio è correlato positivamente con le loro proprietà emulsionanti, suggerendo che farine non sgrassate sono preferibili per creme e condimenti vegani. Le correlazioni osservate nello studio forniscono informazioni utili a guidare la scelta delle farine più adatte per lo sviluppo di formulazioni alimentari “su misura”, favorendo la diversificazione dei prodotti a base vegetale nell’industria alimentare. (Rif.: Cappa C. et al., Legume and nut flours from the Mediterranean area: proximate compositions, techno-functionalities, and spectroscopy patterns as a function of species, origin, and treatment, LWT - Food Science and Technology 223 (2025) 117770)

A cura di Rossella Contato

foto Viktor Smith.

Buongiorno Samuele, sono un’aspirante pasticcera: si può realizzare una mousse di frutta al mango e al cocco con sola meringa italiana, senza panna? Grazie mille!

Daniela

VOI

Entusiasta e instancabile direttore di SigepGiovani, formatore e divulgatore, Samuele Calzari

risponde a dubbi e quesiti a info@pasticceriainternazionale.it

Buongiorno Daniela, la sua domanda ricorre spesso tra chi cerca alternative più leggere o semplicemente desidera esplorare nuove consistenze: la risposta è sì, ma serve conoscere ciò che sta alla base di una mousse. Tradizionalmente, la panna montata è un ingrediente cardine, poiché dona ariosità, morbidezza e una piacevole rotondità al palato, grazie al contenuto di grassi. Realizzare una mousse in assenza di questo ingrediente rientra nella mia “filosofia del senza”, che consiste nel cercare e trovare nuove sfumature di gusto e consistenza. In questo caso la protagonista diventa la meringa italiana e il composto dovrà replicare l’aerazione necessaria e contribuire alla stabilità. Come?

Si parte da una proporzione 1:1 tra purea di frutta e meringa all’italiana. Poi si considera la funzione “tecnica” della panna che, grazie ai grassi, nelle mousse svolge un’azione legante, contribuendo alla stabilità. Quindi, se in assenza di questa il composto risulterebbe meno tenace, consiglio l’aggiunta di un agente gelificante, a scelta fra: gelatina in fogli (colla di pesce), in un dosaggio base di 5 g per 500 g di frutta; agar agar per chi preferisce un’opzione vegetale/vegana, da usare in quantità minori rispetto alla gelatina, circa la metà. Questi addensanti sono fondamentali per avere una mousse che mantenga forma e ariosità, senza alterare il sapore. Per quanto riguarda il gusto, in questo caso esaltiamo l’ingrediente frutta, che consiglio di scegliere matura e di qualità, con l’aggiunta di qualche goccia di succo di limone o lime, per aumentare l’acidità e di conseguenza l’impatto al palato. Un’altra soluzione, per chi cerca una consistenza che si avvicini alla panna ma con meno grassi, è l’utilizzo della ricotta montata. Suggerisco di montarla con una piccola quantità di zucchero: questo serve non tanto per aumentare la dolcezza, quanto per migliorare la stabilità. Si può incorporare delicatamente alla purea di frutta o anche in parte alla meringa, per un risultato delicato e avvolgente.

Buongiorno, sono un collega di Mantova e vorrei rinnovare l’offerta di pasticceria autunnale. Spesso mi limito a sapori come zucca e castagne, ma vorrei proporre qualcosa di nuovo e

originale. Potrebbe darmi qualche idea su ingredienti inusuali, abbinamenti e magari la ricetta per un dolce che unisca tradizione e modernità?

Luca da Mantova

Ciao Luca, grazie per la tua domanda! L’autunno è una stagione ricca di sapori e colori meravigliosi. Per ogni stagione, è fondamentale ricercare ingredienti tipici e nuovi abbinamenti per esaltare sfumature e caratteristiche; adoro quando i dolci cambiano come al ristorante, appunto in base alla stagionalità. Credo che ciò contribuisca molto al successo e alla garanzia di qualità della nostra proposta e, per rompere la “monotonia”, ti consiglio qualche esempio.

■ Radici e tuberi Oltre alla zucca, sempre un grande classico, prova la carota nera, la pastinaca e il sedano rapa. Possono diventare basi originali per creme, gel o confit, regalando note terrose e dolci.

■ Frutta dimenticata Potresti provare con le giuggiole o il corbezzolo: hanno un sapore unico e una consistenza interessante, ideale per confetture o salse.

■ Spezie e aromi Arricchisci il repertorio con il pimento, la fava di Tonka (che ha una nota vanigliata e di mandorla) e il cardamomo

■ Erbe aromatiche Un tocco di rosmarino in una ganache al cioccolato fondente o una nota di timo in una gelée di mela possono elevare il tuo dolce.

■ Noci e semi Oltre alle classiche noci e nocciole, sperimenta con i semi. Aggiungono una croccantezza e sapore particolare.

Per finire, qui trovi alcuni spunti che, se combinati, compongono la ricetta del dolce. E puoi anche usarli singolarmente o abbinarli ad altre tue creazioni, tracciando un percorso sensoriale che celebri i sapori autunnali!

Il bosco d’autunno

Crumble speziato ai semi di canapa farina di castagne g 50 farina 00 g 50 semi di canapa decorticati g 30 burro freddo a cubetti g 80 zucchero di canna g 60 pimento in polvere g 1 sale g 1

In planetaria con foglia mescolare le due farine, zucchero, pimento e sale. Aggiungere il burro freddo e lavorare fino ad un composto sabbioso (tipo frolla sabbiata). Incorporare i semi di canapa e distribuire su una teglia rivestita di carta forno. Infornare a 160°C per circa 15-20 minuti o finché non sarà dorato e croccante. Fare raffreddare completamente prima di sbriciolare.

NOTIZIARIO

Coppa del Mondo del Panettone

Dalla Summer Edition a

Las Vegas

Un settembre vivace e pieno di eventi per la Coppa del Mondo del Panettone, il concorso internazionale ideato e organizzato da Giuseppe Piffaretti, con il suo staff, che dal 2019 celebra il lievitato nelle sue molteplici forme. Ad inizio mese si è tenuta a Garda la Summer Edition della Coppa, che dà lustro alle golose versioni in cui il lievitato si incontra con il dolce freddo. A decretare i vincitori è stata una giuria presieduta dalla giornalista Luciana Polliotti, con Roberto Rinaldini, Angelo Principe, Giorgio Zanatta, Marco Pedron e Domenico Di Clemente, che hanno valutato gli elaborati tenendo conto, oltre al gusto, di criteri quali l’armonia tra panettone e

farcitura, la corretta temperatura di servizio, l’estetica e la pulizia del taglio. Per la categoria “Panettone con il gelato”, il primo posto è stato conquistato da Alice Fin della Gelateria Ricordi di Cornedo Vicentino, Vi, mentre per il “Panettone

decorato”, sul tema parchi divertimento, la vittoria è andata a Claudio e Antonello Bove di Dolci Voglie a Putignano, Ba. Per l’occasione è stato possibile assistere ad una performance di ghiaccio artistico con Francesco Falasconi, campione del mondo della gelateria 2012, e sono stati offerti oltre 100 kg di gelato gratuito. Poco più di due settimane dopo, la Coppa si è spostata oltreoceano, a Las Vegas, in occasione della International Baking Industry Exposition (IBIE) per la Panet-

che

alla finalissima

tone World Cup - Americas Selection (USA, Canada, Messico e Sud America, con l’esclusione di Brasile e Perù, già impegnati nelle selezioni nazionali). I concorrenti sono stati valutati da una giuria presieduta da Biagio Settepani (Bruno’s Bakery), con Franck Riffaud (Hilton), Stéphane Tréand (MOF Pâtissier), Marco Lusso, Bilena Settepani e Nicolas Botomisy; parametri di giudizio estetica, struttura, qualità sensoriali ed equilibrio complessivo. Per la finalissima a Milano nel 2026 si sono qualificati Martinez Jaime (USA) ed Emmidio Isernia (Canada) e Salgado Baltazar Josue (Messico) per il panettone Tradizionale, mentre Flores Torres Wilson (Ecuador) e Vielma Am-

mary Coromoto (USA) hanno vinto nella categoria Cioccolato. In veste di ospite d’onore alle premiazioni era presente Iginio Massari, che a Las Vegas ha a sua volta celebrato il panettone nell’ambito di una masterclass in fiera, tappa americana del tour Meet Massari R-evolution 2025 indetto da Molino Dallagiovanna. coppadelmondodelpanettone.ch bakingexpo.com

Antonello Bove e Alice Fin, vincitori alla Summer Edition della Coppa del Mondo del Panettone, tenutasi a Garda ad inizio settembre.
I giurati delle selezioni americane a Las Vegas.
Martinez Jaime con Iginio Massari, ospite d’onore alle premiazioni.
I vincitori
parteciperanno
della Coppa del Mondo del Panettone a Milano nel 2026.

Regina DAL CUORE SPEZIATO

Raffinata esperta e docente in campo pasticcero, Carmela Moffa ci conduce alla scoperta di una delle più celebri torte americane, la Carrot Cake

Fra le torte americane più gettonate in Italia, la torta di carote guida da anni la classifica. Nata nel mondo anglosassone, è negli Stati Uniti che diventa popolare a partire dagli anni ‘60/’70 e oggi è presente in ogni coffee shop che si rispetti, accanto a cheesecake, Red Velvet e brownies.

SEMPLICE, MA “TECNICA”

Umida, speziata, irresistibile, a prima vista può sembrare una torta rustica, ma nasconde una struttura bilanciata e un potenziale tecnico interessante. La ricetta tradizionale americana prevede:

- carote grattugiate finemente, che apportano umidità naturale, fibra e dolcezza

- olio vegetale al posto del burro, per una texture più morbida e shelf life superiore

- mix calibrato di spezie (cannella, noce moscata, zenzero) che conferisce aroma persistente riconoscibile - noci pecan, ananas, uvetta… come possibili inclusioni, per profondità gustativa

- frosting al formaggio cremoso, elemento distintivo che crea contrasto tra dolcezza e acidità, e che può essere adattato in base alle esigenze del laboratorio, dalla versione con solo cream cheese e zucchero a quella più stabile con burro o mascarpone, per una tenuta migliore in vetrina

PERCHÉ INTRODURLA NELL’ASSORTIMENTO?

✔ Differenziazione di gamma: offre un’alternativa ai dolci tradizionali italiani, pur mantenendo un profilo aromatico familiare al palato nostrano

✔ Adatta a diversi momenti di consumo: colazione, merenda, dessert. Ottima anche in porzione take-away

✔ Facile personalizzazione: la base può essere declinata in monoporzioni, plumcake, torte nuziali rustiche o dessert al piatto

✔ Trend in crescita: intercetta la domanda di dolci “comfort” ma con ingredienti genuini, anche in ottica salutistica

PERCHÉ PIACE IN ITALIA?

In un Paese come il nostro, dalla lunga tradizione dolciaria, non è scontato che una torta americana riesca a ritagliarsi un posto fisso tra i dessert più amati. Eppure la Carrot Cake ci è riuscita per diversi motivi.

Richiami rustici e genuini: ricorda dolci della tradizione come la torta di carote trentina o le torte da credenza della nonna.

Versatilità: è perfetta sia per la colazione che per il tè pomeridiano; può diventare un dolce della domenica se arricchita con noci pecan, mandorle o glassature più golose.

Attenzione alla salute: la presenza delle carote, la possibilità di usare farine integrali, oli vegetali e zuccheri alternativi la rendono interessante anche per chi cerca dolci “meno colpevoli”.

ALTRE TORTE AMERICANE POPOLARI E TREND ATTUALI

La Carrot Cake non è sola nel suo successo. Ecco alcune torte Made in USA che stanno conquistando i palati italiani:

● Red Velvet per il colore scenografico e il gusto delicato

● Cheesecake già entrata stabilmente nel menu di molte pasticcerie, in versione New York o più mediterranea

● Banana bread per la colazione, spesso rivisitato con cioccolato o frutta secca

● Pecan pie & Pumpkin pie: legate ad un immaginario autunnale che piace sempre di più

Le tendenze attuali guardano alla semplicità, alla tradizione e alla qualità degli ingredienti. In questo contesto, le torte americane trovano nuova linfa vitale, grazie alla capacità di raccontare storie, evocare emozioni e adattarsi alle esigenze contemporanee. Secondo le analisi di mercato, stanno vivendo un momento favorevole: i consumatori cercano esperienze originali ma rassicuranti, gustose, personalizzabili e visivamente accattivanti.

La Carrot Cake, in particolare, continua ad essere reinterpretata e sono sempre più comuni versioni:

✔ vegane o senza lattosio (ad esempio con frosting a base vegetale o yogurt di soia)

✔ a base di farine alternative (integrale, avena, mandorla)

✔ ready-to-go o in formato mono per il consumo da asporto o delivery

È una sintesi perfetta tra praticità di esecuzione, impatto estetico e potenziale di vendita. Il suo gusto speziato, la texture umida e la versatilità nella presentazione

IL FRANCESE CON IL CUORE ITALIANO

Ha fatto conoscere ai colleghi italiani le peculiarità delle varie tecniche di lavorazione dello zucchero:

Robert Schicchi era unico nel modo di operare, di dare il giusto valore alla vita e al lavoro

Non ho mai visto un’orchidea così bella!” esclamò mia cugina, ammirando la torta preparata per i suoi 100 anni con un fiore posato delicatamente accanto al numero 100. La casa era piena di fiori giunti per l’occasione da amici, parenti e istituzioni, essendo in quell’anno la più anziana della Valle D’Aosta. Cento rose rosse inviate dal casinò di Sant Vincent riempivano l’ingresso, ma i suoi occhi erano concentrati sulla torta. “Ma sei sicura che sia commestibile?“, chiedeva con stupore. “È in zucchero e l’ha preparata apposta per te un grande pasticciere francese di nome Robert Schicchi”.

E così le raccontai del mio incontro avvenuto una settimana prima. Era il 1986 e a Torino si svolgeva la seconda edizione di Pageb, il salone della pasticceria e gelateria. Al Punto d’Incontro - area destinata ai contatti tra pasticcieri, gelatieri, allievi e insegnanti di scuole professionali, organizzata da noi di “Pasticceria Internazionale” - c’era moltissima gente accalcata per assistere ad una dimostrazione di un docente dell’Istituto dell’Arte Bianca. Una lampada scaldava una massa gialla e, man mano che veniva tirata, il colore mutava e la materia si trasformava davanti agli occhi dei tanti presenti. Questo è stato il mio primo incontro, primo di tanti, con Schicchi, persona straordinaria che mi ha fatto conoscere un’arte allora poco nota, quella dello zucchero artistico, in grado di imitare la natura e, come tale, anch’essa effimera. In Italia la lavorazione dello zucchero, che ha molto in comune con l’arte vetraia di Murano (come è ben raccontato nell’introduzione al libro “Fragile”, firmato da Lorenzo Puca), aveva iniziato a divulgarla il torinese Renato Scalenghe, uno dei primi grandi formatori del nostro settore, ma, a causa di una grave malattia, non ebbe il tempo di continuare a condividerla perché ci lasciò nel 1985. Fu così che Robert accettò

di sostituirlo all’Arte Bianca di Torino, all’epoca la scuola professionale statale specializzata in panificazione e pasticceria, unica nel suo genere.

STORIA DI UN PIONIERE

Il nostro artista dello zucchero era nato nel 1934 a Marsiglia. I suoi nonni erano toscani e, nel 1930, erano emigrati in

Francia. Il nonno materno, Giuliano Bocci, aveva una piccola fabbrica di carta a pochi chilometri da Pescia, ma le circostanze dell’epoca lo costrinsero ad abbandonare l’Italia e, assieme alla moglie, a stabilirsi a Bois Luzy, nella periferia di Marsiglia. I genitori di Robert li raggiunsero poco dopo e acquistarono una panetteria. Questi fatti spiegano l’attaccamento del nostro pasticciere alle

“ “

Portare a compimento il primo lavoro in zucchero richiede un certo impegno; ci vuole coraggio, pazienza, perseveranza, ma tutti coloro che hanno seguito il mio corso hanno raggiunto risultati soddisfacenti. Soprattutto hanno imparato una tecnica che permette di decorare i dolci e farsi apprezzare dai clienti anche per le abilità artistiche

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