Il ragazzo della Mayflower - anteprima

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il ragazzo della M ayFÒ ow e ® s s

ovvero l a b uona sorte di §o hn H ow l a nd

P.J. LY NCH

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P.J. LY NCH

TRADUZIONE DI RICCARDO DURANTI

L ONDRA

Londra era una gran bella città, quando ci abitavo. La più grande città del mondo intero. Puzzava parecchio, devo dire, ma era vasta, indaffaratissima ed emozionante per un giovanotto come me.

Fu tutta colpa del re se fummo costretti a lasciare l’Inghilterra.

Lui e i suoi vescovi non gradivano il modo in cui avevamo scelto di venerare il Signore. Secondo me, non erano mica affari loro.

Però, mettevano in galera i nostri capi e ci perseguitavano finché fummo costretti a lasciare il nostro paese e a vivere in Olanda. Ma i più giovani tra noi ormai sembravano più olandesi che inglesi e, nel timore che scoppiasse una nuova guerra con gli spagnoli, i nostri anziani decisero che avremmo tentato la sorte nel Nuovo Mondo.

Tornammo a Londra per affittare una nave con un certo Capitano Jones e il suo equipaggio. La dovevamo caricare di provviste per il lungo viaggio alla volta dell’America. Avevo sperato di avere un giorno e mezzo liberi per andare a trovare mia madre e i miei fratelli a Fenstanton, ma il mio capo disse che non avevamo tempo.

Quando non correvo per le strade di Londra per ordinare barili di questo e balle di quello, il mio capo, John Carver, mi faceva copiare elenchi di provviste e lettere agli uomini d’affari che ci prestavano i soldi per finanziare il viaggio. Avremmo lavorato parecchi anni per restituire loro il denaro.

Quando il carico della nostra nave fu quasi completo, il Signor Carver mi mandò a cercare la Locanda Warwick, vicino alle mura della città oltre la Cattedrale. Dovevo trovare un certo signore.

Nella rumorosa folla di londinesi, si stagliava un uomo alto e con la barba bianca. «Anziano William Brewster?» gli bisbigliai all’orecchio. «Il Signor Carver mi ha mandato a cercarvi. Lasciamo Londra con la marea dell’alba.»

«Mi ricordo di te dall’Olanda, John» rispose lui. «Accompagnami alla nave, ragazzo, e facciamo in fretta. Qui siamo in pericolo.»

E infatti, in giro c’erano un sacco di brutti ceffi e dozzine di gendarmi reali pattugliavano le strade. Se avessero saputo che ero in compagnia di uno dei capi dei Separatisti, lo stesso uomo che aveva pubblicato tutti quei libelli contro il re e i suoi vescovi, saremmo stati belli che fritti. Avrebbero di certo mozzato la testa dell’Anziano Brewster e la mia e le avrebbero infilate sugli spuntoni del Ponte di Londra.

Passammo per vicoli e stradine secondarie e quando arrivammo al molo era già buio. Le taverne vicine erano affollate di marinai e di scaricatori di porto, ma i moli erano silenziosi. Alla fine arrivammo alla nostra nave.

La stavano finendo di caricare alla luce delle lampade. Barili di birra, sacchi di cipolle e cavoli, scatole di aringhe sotto sale e carne di manzo secca. Tutte cose saporite.

Alcuni dei passeggeri stavano ancora caricando i loro bauli e i loro mobili a bordo. Le pecore, le caprette e i polli aspettavano di essere imbarcati per ultimi.

Il mio capo strinse la mano di William Brewster così forte che pareva gliela volesse staccare, poi si affrettò a farci salire sulla passerella. «Grazie a Dio, sei in salvo, William» disse. «Benvenuto a bordo della Mayflower.»

L A MAYFLOWER

Srotolai il mio materasso fuori dalla cabina del Signor Carver e cercai di riposare un po’. Non credo di aver dormito neanche un’ora prima di udire il gran fracasso dell’argano con cui salparono l’ancora.

Corsi sul ponte per lanciare un’ultima occhiata a Londra. Solo poche luci erano accese e la grande nave non faceva quasi rumore scivolando sulla marea per allontanarsi dalla città addormentata.

Uno dei marinai lanciò un addio dall’altra parte del fiume a una donna sul molo. Un grido rauco gli rispose: «Buon viaggio!»

E io immaginai la voce delicata di mia madre: Buon viaggio, John!

Il sole era ormai sorto quando raggiungemmo Gravesend, dove il fiume si allargava. L’equipaggio era occupato a spiegare le vele per approfittare della brezza mattutina. Io mi stavo godendo l’aria fresca quando un marinaio dai modi spicci mi si avvicinò.

«Tu sei il ragazzo che porta i messaggi, vero?»

«Sì, signore, sono io… Mi chiamo John Howland…»

«Lascia perdere! Va’ di sotto e di’ al tuo capo che Bob Coppin – cioè io, il primo ufficiale – ordina che i passeggeri restino sotto coperta ora che siamo in partenza. Vi faremo sapere noi quando potrete salire a prendere aria. E cercate di non fare troppo rumore con tutte le vostre preghiere!» e con questa battuta si allontanò, ridendo.

«Sarò felice di riferire il vostro messaggio, Signor Coppin» gli gridai dietro. «Vedrete, signore, che siamo gente beneducata e che speriamo di non arrecare offesa né a Dio né agli uomini. E, in cambio, speriamo solo in un minimo di buona educazione!»

Il primo ufficiale smise di ridere. Si voltò e mi guardò a lungo con attenzione. Poi mi fece un cenno d’assenso e disse: «Va bene… Signorino Howland».

L A SPEEDWELL

Facemmo abbastanza presto ad aggirare la costa fino a Southampton dove attendemmo che la nostra nave più piccola, la Speedwell, arrivasse dall’Olanda con il resto della nostra compagnia. I due vascelli si affiancarono e furono legati insieme. Ci fu un gioioso benvenuto quando ci riunimmo con i nostri vecchi amici.

William Bradford, il Capitano Standish e le altre persone importanti si radunarono attorno al mio capo. Io andai a chiacchierare con il resto della servitù. I ragazzi erano molto emozionati per le avventure che ci aspettavano.

«Ho sentito dire che laggiù gli alberi sono cinque volte più grandi che in Inghilterra» disse Bill Butten, il servo del dottore, «e che i fiumi sono pieni fino all’orlo di grossi pesci che non chiedono altro che di essere pescati.»

«Ci sono un bel pezzo di terra e un vestito elegante in serbo per me la prossima primavera» disse Roger Wilder. Gli erano rimasti solo sei mesi di servizio. «Potrò scegliere di sposarmi con una qualsiasi delle ragazze inglesi libere della Virginia. Il povero Howland qui, invece, dovrà aspettare altri tre anni.»

«Ridi pure, Roger, ma quando finirò il servizio, salterò sulla prima nave diretta in Inghilterra. È a Londra che farò fortuna. Magari aprirò un negozio per vendere sapone e candele alla gente sciocca che vuole andare a vivere nel Nuovo Mondo!»

«Be’, quella sì che è una bella ragazza. Potrebbe essere una buona moglie per me tra un anno o anche tra tre» disse Bill, indicando con il capo una ragazza magra che giocava lì vicino con dei marmocchi.

«Il Signor Tilley ti farà la pelle se ti accosti alla sua piccola Lizzy» disse Roger. «Quando sarà maggiorenne, lei vorrà sposare il dottore, non il servo del dottore.»

Scoppiammo tutti a ridere e la ragazza ci guardò. Poi, i bambini la trascinarono a guardare i capretti e i maialini che stavano portando a bordo.

SEGUE…

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